Fil: La Rocca, Cristina. Universitá di Padova; Italia.
Leggendo una qualsiasi, anche recente, pubblicazione italiana di una necropoli altomedievale, si può facilmente notare che lo sforzo interpretativo è puntualmente diretto verso un unico obiettivo: vale a dire quello di chiarire a quale gruppo etnico appartengano i sepolti. Invariabilmente, se si tratta di tombe senza corredo, gli inumati sono senz'altro attribuiti ai Latini; se si tratta di sepolture con armi esse appartengono ai Longobardi, se si tratta infine di tombe con soli ornamenti dell'abito essi
sono assegnati alla categoria — molto problematica — degli “autocton'” ¡ quali, per lo stesso
fatto di essere autoctoni e indipendentemente dal luogo o dalla regione geografica in
cui i loro resti sono ritrovati, si suppone dovessero comportarsi tutti nello stesso modo. Sia la limitatezza degli obiettivi, sia le possibili categorie “etniche' alle quali ¡ defunti sono assegnati derivano indubbiamente dall'evoluzione, di lungo periodo, della metodologia archeologica italiana, ma non solo. Essi sono infatti, contemporaneamente, la prova del ruolo assai marginale che l'altomedioevo italiano ha tuttora nella storia d'Italia: un ruolo che, anziché definirsi con caratteristiche sue proprie (sotto il profilo sociale, economico e politico), risulta ancora troppo spesso paragonabile a un semplice corridoio buio che separa l’antichità dall’est a comunale, cioè i due momenti in cui le tradizioni “autenticamente italiane? rispettivamente maturerebbero e risorgerebbero?. E' evidente che nessuno degli archeologi medievali potrebbe dirsi davvero convinto di condividere questa opinione e anche che nessuno di essi ammetterebbe consciamente che la finalità etnica sia utilizzata per altre ragioni che non quelle intrinseche alla 'metodica della ricerca archeologica”.